lunedì 15 aprile 2013

Il tessitore dal cappello a tesa larga P.3

Mi scuso con il lettore per la formattazione del testo, sto avendo dei problemi con blogspot ma ho comunque cercato di rendere la lettura il più agevole possibile.
Buona Continuazione

Sean Foster


Pioveva a dirotto e l'acqua gli scendeva dai capelli sulla punta del naso con la frequenza del ticchettio di un orologio impazzito, pronto ad imprimere nel tempo quanti più tocchi possibile senza limitarsi al marginale attimo. Tirava un vento gelido che pungendogli il volto con lunghi aghi ghiacciati fece si che il ragazzo perdesse l'equilibro sulla superficie della nave, lasciandolo scivolare sulla superficie liscia, tentando invano di rallentare l'inevitabile caduta. Le sue mani premevano contro il legno cercando di provocare attrito mentre l'imbarcazione ostentava coraggio sulle onde del furioso mare in tempesta. Fulmini abbagliavano il lontano orizzonte saettando contro i marosi come rovi irti di spine dietro cespugli di nubi grigie; le urla erano vane tanto quanto la forza, la sua voce si perdeva nell'immensità dei colori del caos. 

Il tessitore rideva all'impazzata sul parapetto destro della nave come indemoniato, aggrappato con una mano libera al legno mentre l'altra mano reggeva il sartiame delle mezze vele tirandolo con forza verso di lui.
Il cappello agitava le sue pieghe, sotto il ruggito del vento come  foglia tratta dai rami restando altresì ancorato ai folti capelli; nodi tra i venti, porti nella tempesta. Le casse di legno rotolavano su e giù come ansiose di scappare da quel cianotico inferno mentre l'iniquo vascello si prendeva gioco di loro, virando come fosse serpe impazzita e lasciandole perdute in un eterno limbo di sciagura. Prese la mira, chiuse gli occhi e si aggrappò a quello che sembrò essere, date le dimensioni, il duro albero maestro usando una ruvida corda che girò intorno al tronco finendo tra le mani del ragazzo. Sentì lo stomaco rivoltarsi e trattenne il respiro mentre la nave raggiungeva l'apice più alto del suo balzo, si inclinò di quarantacinque gradi per trafiggere come una spada l'acqua con la polena in un eterno secondo di mancato sospiro in cui il giovane quasi sentì la gola sollevarsi. Le onde lo travolsero ma egli eroicamente non ingoiò acqua trattenendo sì il respiro, sentì la spinta dell'acqua premere sotto di lui ed in meno di un battito di ciglia emersero in un'esplosione di spuma bianca.
Riaprì gli occhi e fece fatica a credere a ciò che la sua ragione gli dettava come impossibile: 
Abbassando lo sguardo spalancò la bocca e sgranò gli occhi, alzando le sopracciglia che arrivarono a formare due perfette parabole mentre vedeva la ricamata camicia bianca a sboffo entrare nei neri pantaloni larghi che, a loro volta, si infilavano dietro ai risvolti degli stivali in cuoio marrone.
Rialzò lo sguardo ed il tessitore si esibì in un formale inchino disegnando due archi e tenendo stretto il cappello; il contrasto creato dall'azzurro del cielo ed il nero dell'uomo era sconcertante.

Quello stesso cielo che poco prima fu luogo di tempesta era ora sereno, un cumulo di chiari nembi viaggiava solitario verso il mare aperto disperdendosi quindi nell'azzurro, guide dei bianchi gabbiani reali. Non c'era vento forte e le vele erano spiegate a favore lasciando che la polena puntasse contro quello che sembrava un lontano banco di nebbia.
Von Lichtenstein gli porse la mano guantata sorridendo, divertito sotto i folti baffi scuri - Alzati ragazzo, ci sarà tempo più tardi per riposarsi. - Lo aveva tirato su con uno strattone degno di un commilitone tirandogli via il guanto rosso dalla mano. Terrick si assestò per poi bloccarsi e sgranando gli occhi dietro gli occhiali soffermarsi sull'attimo precedente, pensò il necessario per rendersi conto del fatto che non era vestito come ricordava.
Il lucido fodero della spada pendeva dalla bandoliera in cuoio nero, faceva risaltare il brillante metallo dorato dell'arma che, catturando i raggi del sole, si rifletteva sul pomo della sua flintlock di scuro legno rossiccio pronta ad esplodere un colpo se estratta dalla cinta di pesante velluto carminio intrecciato. 

Sulle mani portava due gioielli argentati che gli cingevano le dita in una stretta di incisioni e bassorilievi.
- Lieto che tu sia soddisfatto dei tuoi abiti. - Annuì terminando la riverenza ed accennando con lo sguardo ad i bottoni dei suoi pantaloni, un sopracciglio inarcato.
Il biondino sgranò nuovamente gli occhi alzando gli occhiali sul naso e frettolosamente si girò dall'altra parte, abbottonando i pantaloni.
Quando si rigirò vide che l'uomo era concentrato sul grigio manto verso cui velocemente avanzavano, tra le mani teneva un binocolo telescopico bronzato con ingranaggi visibili come a far da perno ad ogni cilindro. I raggi del sole battevano contro la lente facendola scintillare puntando contro il parapetto ligneo della nave. Abbassò lo sguardo in una sorta di remoto istinto che gli aveva suggerito qualcosa di strano: l'acqua era liscia come l'olio e quasi piatta. Le onde emergevano basse ed invisibili dai solchi creati dal vascello quasi fossero degli spettri  opachi che come foschia si diffondono sulla superficie marittima, i suoni intorno a loro risultavano attuti come se qualcuno avesse improvvisamente abbassato il volume.
- Fai silenzio, ragazzo... - Hector gli aveva fatto cenno con il dito abbassandosi allo stesso tempo w lasciando che il ragazzo lo imitasse - Stiamo entrando nell'isola di rubino. -

- Che cos... - Terrick provò a parlare ma l'altro immediatamente gli tappò la bocca per poi tornare con lo sguardo attento oltre il parapetto - Non parlare... non è una bella zona. -
Passarono pochi minuti che parvero eterni per l'inquietudine che emanava il paesaggio: il mare era divenuto nero e cupo con sottili strie verdi sfumate che lo solcavano sulle creste delle deboli onde. Intorno a loro tutto divenne istantaneamente inglobato ad una fitta oscurità ed il ragazzo si ritrovò a stringere istintivamente l'impugnatura della salda e rincuorante spada. Erano entrati in una grotta completamente buia e potevano udire gli scricchiolii dell'albero della nave che batteva aritmicamente sul soffitto, il nero gli avvolse completamente lasciandoli privi del senso della profondità.
Una sottile luce iniziò a diffondersi come un puntino che si espande poco sopra l'orizzonte, scura e striata di colori ancora più scuri ma luminescente appariva di uno strano rosso misto al violaceo che variava d'intensità.

Chiuse gli occhi per non farsi travolgere da un flash di luce che quasi abbagliò il tessitore, quando gli riaprì rimase esterrefatto. 
Enormi rubini fuori uscivano dalle pareti di un'immensa caverna di cui non riusciva a vedere la fine, come foglie su di un albero talmente alto da non poter essere misurato.Il soffitto era lontano e da lì i i preziosi più grandi emanavano una luce rossastra e violacea, sembrava quasi che il viola ribollisse nello splendore del rosso rubino. Poteva quasi vedere attraverso le pietre tanto erano lucide e riflettenti, le uniche dominanti reali erano dati da fori sui lati che emanavano una luce opaca pronta a diffondersi sulle lievi increspature dell'acqua azzurra con tenui bagliori tiepidi. Il tessitore era cupo, le braccia conserte dietro la schiena e le spalle rigide mentre tra le mani sembrava tenere una sorta di oggetto: un medaglione forse.
- è sorprendente! - Aveva esclamato il ragazzo spalancando la bocca, stupito - è una vera isola con veri rubini! -
Hector si girò lentamente verso di lui e socchiuse gli occhi - Non pensare che sia fantastico, ragazzo. - Portò lo sguardo verso le pareti della grotta sentendo chiaramente qualcosa graffiare lo scafo della nave - Non è ciò che sembra... - La voce bassa e vagamente roca quasi risuonò nell'ambiente, il cappello gli oscurava metà del viso. 
- Che cos'è allora? - Si era stranito l'altro rimboccando automaticamente la camicia sulle braccia...
Si era sistemato i baffi sotto al naso cercando le parole necessarie ad esaudire il desiderio del ragazzo- Lì dentro giace chi è perito qui. - Inspirando profondamente e gonfiando il petto.

L'altro arricciò il naso e corrugò la fronte perplesso.
- I sognatori che sono morti qui giacciono dentro quelle pietre. - Trasse un altro profondo respiro guardando verso il basso, quasi intimorito ma riflessivo allo stesso tempo - Ribollono in quei cristalli e nel loro stesso sangue, le macchie viola che si espandono sono i loro corpi che si contorcono e vengono dilaniati. Abbaglia per via della luce costante interna, talmente forte da far bollire il sangue e chi c'è dentro. - Sputò nell'acqua e batté superstiziosamente i tacchi - Non c'è modo di farli uscire e loro non possono morire, una volta al mese il cielo diventa rosso ed allora noi possiamo udire le loro urla di dolore... - Strinse i denti.
- Ma non è questo che ci interessa. - Cambiando immediatamente discorso con la destrezza di un illusionista - ora noi siamo diretti dal poeta. -
Il ragazzo non aveva saputo come comportarsi tanto era rimasto imbarazzato per ever esultato di gioia ed intimorito allo stesso tempo,per cui aveva chiesto chi era il poeta con voce stizzita ed evitando di incrociare gli occhi del suo accompagnatore.
- L'uomo che può aiutarci, se non ha già problemi con gli incubi... - Continuando a guardare verso l'orizzonte - e forse una delle persone che più hanno sofferto questo cataclisima. -
L'altro aveva fatto un passo verso il parapetto stringendoci le mani intorno e facendo viaggiare lo sguardo verso il mare nella grotta, la fine era indistinta e coperta da una nebbia di un opaco viola scura e grigio - Suppongo che gli incubi non siano ciò che penso...-
- L'ossessione di un folle e la magia di un idiota... - Con ribrezzo - Uno ha reso reali gli incubi di ogni abitante e l'altro... - Strinse ancora più forte il medaglione tra le mani - Ha animato dei pezzi di ferro ed ha costruito dei soldati che girano con fucili ed asce, questo tizio non ha un potere reale ma ha scelto di appoggiare la parte sbagliata... -
- Dei soldati di ferro? -
L'uomo quasi rise - Già, sembrano una vera idiozia. - Era tornato serio - Bruciano i volti degli abitanti di queste terre e si appropriano della loro pelle per sembrare reali, hanno solamente le facce di ferro. -
Il biondino spalancò la bocca- E perché stiamo andando lì? - Spaventato facendo un balzo indietro verso il centro della nave.
L'uomo lo guardò sospirando e scosse la testa - Non è il peggio. - tolse il cappello lasciando liberi i capelli rivelando varie trecce, stringendo i denti accennò la mandibola verso sinistra quasi masticando pensieroso - Penso sia il caso tu ti sieda, ragazzo... - Rimise il medaglione della tasca - C'è qualcosa che devi sapere... -