venerdì 23 agosto 2013

Il paradosso della porta e della cornacchia.


Esistono molti fenomeni strani ed apparentemente irrazionali all'interno del nostro mondo. Molti di questi quando troppo complessi vengono ignorati o spiegati grazie a teorie paranormali che andranno a formare nuove sconclusionate correnti di pensiero, le quali, dopo anni di tentato ed erroneo approccio al metodo scientifico, cambieranno irrimediabilmente in modo da formare un nuovo postulato in grado di conciliarsi con l'ineffabile capacità d'errore umano.
Ovviamente non c'è nulla di male in tutto ciò, l'umano è sempre stato propenso ad accogliere qualsiasi tipo di teoria a patto che un giorno potesse essere contraddetta; magari davanti ad un pubblico, possibilmente in maniera abbastanza plateale, forse anche davanti ad un microfono ed ai giornali od al ricevimento per l'assegnazione del premio nobel, perché no?
Fatto vuole che il desiderio di conoscenza personale porta l'uomo, o donna o scoiattolo, a ricercare sempre più la perfezione lasciando che i termini vedere e guardare assumano lo stesso significato nell'immediato attimo, quasi sovrapponendo ad ognuno lo stato dell'altro. Certo è che per dire una cosa del genere bisognerebbe supporre che sia vedere che guardare siano delle entità corpuscolari uguali ed opposte, come anche allo stesso tempo sovrapposte.
Stabiliamo il significato di vedere, dove si è concentrati nell'osservare un particolare od uno stato di un dato "qualcosa", e di guardare, dove l'argomento viene affrontato a livello più globale e quindi macroscopico.
Ipotizzeremo per un istante che vedere e guardare non siano in realtà altro che la stessa medesima entità ottenuta tramite la fissione dell'osservare, o che più semplicemente le due entità primarie abbiano interagito l'una con l'altra provocando un grandissimo interesse nei confronti di un oggetto, o di una persona o di uno scoiattolo, provocando così un fenomeno simile ad un entanglement quantistico. Prima di essere chiamate in causa tali entità bisognerebbe considerare anche che osservare sia in realtà guardare e vedere allo stesso tempo, ovvero che guardare e vedere non siano altro che due stati sovrapposti dell'entità osservare finché uno dei due stati non verrà chiamato in causa con la semplice constatazione dello stesso: "sto guardando" o "sto vedendo" sancendo così un particolare stato dell'essere in questione, tanto per continuare un esempio grossolano.
Ne consegue che quando lo spettatore sceglierà di guardare qualcosa, la sua attenzione non potrà in alcuna maniera vedere qualcos'altro, ammesso e non concesso che un'interazione con l'esterno possa permettergli di agire in tale maniera, ma sostituendo lo status precedente.
Tali cambiamenti e stati, seppur in maniera assolutamente diversa, possono essere ipotizzati a livello sub-atomico e microscopico dove, con le adeguate attrezzature, si osserverebbero svariati comportamenti atti ad affermare tale teoria chiamata "decoerenza quantistica" dove si andrebbe ad annotare che l'interazione tra loro delle singole particelle annullerebbe le proprietà quantistiche tipiche delle stesse, ossia i differenti stati.
Il dilemma consiste nel fatto che dal momento in cui tali fenomeni vengono osservati, o registrati o scoiattolo, a livello macroscopico si ricade immediatamente all'interno della meccanica classica uscendo dalla quantistica.
Un esempio ben noto del funzionamento di tale conseguenza è stato definito dal paradosso di Schrödinger, anche detto paradosso del gatto di Schrödinger, abbastanza conosciuto in tutto il globo terrestre.
In maniera esagerata, molto ironica e ben chiara, il fisico e matematico Erwin ci spiega la questione dicendo che rinchiudendo un gatto in una scatola d'acciaio insieme ad un particolare marchingegno, che non potrà essere raggiunto dal felino, ed insieme ad un contatore Geiger contenente una minuscola quantità di materiale radioattivo, così poca da poter ipotizzare che forse, nel giro di un'ora, uno degli atomi di tale materiale potrebbe disintegrarsi, il gatto risulterebbe sia vivo che morto allo stesso tempo.
In effetti bisognerebbe anche dire che il contatore dovrebbe essere collegato ad un martelletto in maniera tale che se il dispositivo rilevasse l'avvenuto evento di disintegrazione dell'atomo, o scoiattolo, la fiala di cianuro posta sotto la mazzetta verrebbe spaccata rilasciando così i suoi mortali influssi poco magici e molto chimici. In sostanza, dopo circa un'ora in cui il gatto dovrebbe restare rinchiuso all'interno della scatola potremmo affermare che l'animale sarebbe sia vivo che morto allo stesso tempo, formando un ulteriore stato tra la vita e la morte che in alcun caso potrebbe essere dimostrato se non grazie alla meccanica classica che tuttavia darebbe per effettiva solo una delle due condizioni. Infatti, osservando il gatto ed aprendo la scatola, si andrebbe ad interagire con l'evento sancendo quindi uno dei due status come per vero ed eliminando la sovrapposizione dei precedenti stati a causa di uno stato chiamato entanglement quantistico ( dove l'interazione impedisce la molteplicità di una condizione ) .
In un certo tal modo è come se le particelle che ci compongono perdessero la propria identità una volta analizzati all'interno di un sistema macroscopico, ovvero noi.
Se oltre a questo vogliamo considerare addirittura i vari tipi di teoria delle stringhe e le svariate teorie postulate sui multiversi non ci risulterebbe poi così complesso capire come mai vedere e guardare siano in realtà eventi paralleli che potrebbero accadere nello stesso dato momento, in luoghi differenti ed uguali, scatenando a loro volta un'infinita serie di probabilità che porterebbero a risultati N volte diversi in N universi o dimensioni.
Il ragazzo chiuse il libro di fisica con la rassegnazione di chi, dopo aver sparato dieci volte allo stesso barattolo, si rende conto di aver finito il caricatore e lascia cadere la pistola sul tavolo con fare frustrato - Non ci capisco niente! - Tolse la maglia da rugby bianca e blu con un solo gesto delle mani, facendola scorrere velocemente sul suo torace.
Eppure non è un concetto complesso: non c'è niente che si possa dire non essere, finché non osservato in differenti stati allo stesso CRA!
- Vattene! - La matita volò dalle pallide mani del giovane fino al margine superiore della porta finestra che dava verso il balcone, battendo tristemente contro il legno e cadendo sul parquet chiaro sotto lo sguardo perplesso, e forse un poco tonto, dello scuro volatile che sostava lì come fosse a casa sua.
In effetti sarebbe stata intenzione dello studente colpire proprio la gracchiante, e sicuramente di cattivo auspicio per gli esami di fisica, cornacchia che stava sul bordo della piccola finestrella sopra l'uscio dando le piume verso suddetto balcone e mondo esterno, ma non era mai stato bravo nei lanci brevi. Piegò con cura la benda per gli occhi in caso di fortissima emicrania. Portò le mani sopra la testa e quasi si chiuse a riccio poggiando il volto contro il duro piano del tavolo, occhi chiusi e musica che percorreva i filamenti di rame delle cuffie bianche irradiando i timpani con note e radiazioni come un fiume in piena porta acqua e fango allo stesso tempo.
La cornacchia sospirò, esasperata e con la fredda consapevolezza che il ragazzo avrebbe avuto le stesse probabilità di superare i suoi esami che lei di realizzare un acceleratore di particelle senza l'ausilio di un pollice opponibile.
Era la quarta volta che provava a spiegare quella parte della fisica quantistica utilizzando ogni volta una metafora diversa, ma il giovane testardo sembrava avere la testa su qualche pianeta dove la fisica equivale ad un enorme e complesso ipercubo di Rubik, e dove in realtà non serve per spiegare ciò che ci circonda ma per complicarlo. E poi c'era quel maledetto scoiattolo che continuava a fissarla dal giardino al pian terreno, mettendola in soggezione ed allo stesso tempo facendole quasi venire fame con la distrazione che normalmente ne conseguirebbe; ogni volta che si accorgeva dei suoi sguardi doveva fargli notare che l'aveva visto altrimenti l'animale avrebbe continuato.
Strane creature gli scoiattoli, hanno sempre voglia di divertirsi a modo loro e sono talmente orgogliosi che in caso di rifiuto sgancerebbero del napalm sul tuo nidCRA!
-Oddio, sta zitta! - Il ragazzo si strinse le cuffie alle orecchie - Vattene! - agitando le braccia all'aria come se stesse segnalando ad un aereo la sua presenza e smuovendo polvere intorno a lui. La cornacchia girò la testa verso il cielo ed osservò per qualche istante, decise di vedere ma non vide alcun aereo per cui gli sembrò abbastanza giusto alzarsi in volo, allontanandosi dalla visuale di quel pazzo convinto di essere su una pista d'atterraggio, per poggiarsi sul parapetto dell'altra finestra protetta da una tenda opaca accostata sul mondo, al lato sinistro della porta.
- Stupida cornacchia... - Rise quello con voce cavernosa degna della sua massa alzando il collo per guardare fuori dalla finestrella sopra la porta - mi chiedo quale scopo possiate avere, stupidi come siete voi uccelli. - Scostò la sedia con un fare abbastanza perentorio che avrebbe impedito al seggio, in una vicina dimensione, di ribellarsi per scegliere democraticamente di essere lei, stavolta, a sedersi. Poggiando la testa sul tavolo tornò ad ascoltare il suo fracasso ed a scribacchiare formule sbagliate su quello che doveva essere uno scontrino che aveva preso la funzione di segnalibro per il voluminoso trattato di fisica.
- Non è che non abbia potenzialità, ritengo, semplicemente che non sia nel giusto contesto sociale per poter esprimere al meglio il suo... potenziale - Disse la porta con il tono di chi, dopo aver esaminato a lungo un animale in gabbia, assegna con dubbio un mediocre quoziente intellettivo alla bestia nel timore di aver arrotondato troppo per eccesso.
- CRISTO! - L'alunno si alzò un'altra volta e chiuse la portafinestra che in balia delle correnti ventose stava cigolando rumorosamente, stonando come unghie sulla lavagna nella tranquillità e pace della sua musica speed metal.
Aveva bisogno di pace e concentrazione, aveva una forte emicrania e quindi non poteva alzare il volume del suo dispositivo al massimo consentito ma aveva un forte bisogno di sfogarsi, almeno con la musica, e quel cigolio aveva costituito un'enorme interferenza nel suo tempio zen fatto di doppie casse e distorsori collegati a chitarre collegate ad amplificatori da 110 watt.
Facendo uno sforzo alzò un pochettino il volume e, sopprimendo l'istinto di prendere la mazza da baseball e picchiare duramente le pareti del dipartimento di fisica, si lasciò cadere stancamente sul letto riflettendo sul significato di "quanto d'energia" cercando di paragonarlo a qualcosa di familiare, come l'energia che trattiene una palla da rugby quando viene lanciata.
I suoi genitori erano fuori casa, per cui anche se avesse ragionato da solo e ad alta voce nessuno gli avrebbe mai dato del pazzo.
- Credimi, è pazzo. - Disse la cornacchia da dietro la tenda facendo cautamente capolino all'interno della stanza - è da questo primo pomeriggio che prova a capire concetti abbastanza basilari continuando ad ignorare le mie spiegazioni ed a parlare da solo. -
- è normale, sei una cornacchia. -
- e quindi? -
- Si sa che la fisica è più una cosa da gufi. -
Le palpebre della cornacchia si assottigliarono ai lati dandole un'espressione quasi umana - Che c'entrano i gufi con il ragazzo? -
La porta scricchiolò lasciando che le sue assi si assestassero ognuna sul proprio baricentro - è solamente un po' confuso, bisogna prendere in considerazione molti fattori che compongono la maniera in cui si relaziona alla società ed alla fisica. - La maniglia d'ottone rifletteva un mondo completamente nero, all'interno della stanza non c'era niente se non la finestrella dove poggiava la cornacchia, quattro pareti che avrebbero avuto molto da dire sulla vita sociale del giovane e la porta. C'erano delle sorgenti luminose che corrispondevano perfettamente alla posizione del sole, ma nulla di visibile ad occhio nudo che fosse contemplato dalle leggi della meccanica quantistica. Di fatti la luce c'era e non c'era allo stesso tempo.
- Il fatto è che essendo suo padre stato precedentemente un matematico, il ragazzo si sente in ovvia soggezione nei confronti di una materia che, ovviamente, involve l'opinione del genitore il quale, come conseguenza alla sua carenza d'affetto in gioventù e la mancata affermazione nel mondo del lavoro, tenterà in ogni maniera di perfezionare il lavoro del figlio arrivando a far risultare il suo lavoro totalmente errato e superfluo agli occhi di una figura paterna che, oltre a pretendere la perfezione, spronerà il ragazzo a fare contro la propria volontà sempre il meglio. -
La cornacchia sbatté le ali perplessa - E questo sarebbe un male? -
Gneeeeeeeeeeeeeek
- George, noi siamo tornati - Disse la donna bionda che aveva appena spalancato l'uscio invadendo, inconsapevolmente, lo spazio vitale del giovane fisico represso - Se ti serve qual... -
- Si, si! Sto studiando! - Serrò le mani e si portò il sottile cuscino sulla faccia facendolo sprofondare sulle sue forme come un telo di velluto su un castello di sabbia. Alzò il volume del lettore musicale ed utilizzando una rinomata tecnica, spesso studiata in fenomeni sociologici equivalenti, che consisteva nel fingere la morte apparente insieme ad un totale disinteresse nei confronti di ciò che accadeva nel mondo esterno, si girò dall'altra parte finché la madre non chiuse la porta scuotendo la testa.
- Sì, se consideriamo che il ragazzo non è ancora riuscito ad ottenere l'approvazione di una delle figure più importanti della sua vita. Le possibilità qualche mese fa sarebbero state due: o l'annichilimento della personalità del ragazzo nei confronti di una materia che gli avrebbe per sempre ricordato il suo fallimento nei confronti di una persona che avrebbe voluto soddisfare, con il conseguente rifiuto del soggetto in questione nei confronti della fisica, o l'annichilimento del padre che, avendo studiato fisica per anni e non essendo mai riuscito ad andare oltre al semplice professore liceale, non avrebbe accettato i successi del figlio e lo avrebbe spinto sempre oltre... riportandoci così all'ipotesi precedente. -
La cornacchia guardo la porta inclinando ripetutamente la testa e muovendo il suo piumaggio su e giù quasi avesse voluto gracchiare più volte, in realtà stava solo cercando di esprimere il suo pensiero. Bisogna sempre considerare che le dimensioni del cervello di un corvo non sono quelle di un umano, e come anche la porta aveva impiegato più di venti anni per apprendere quello che sapeva, altri cinque le erano occorsi per riflette e sviluppare il concetto di parola.
- Quindi suggerisci che il ragazzo non avrebbe mai potuto in alcun modo imparare la fisica?- Si era stranito il volatile.
- Beh, no... avrebbe potuto ignorare e rifiutare il padre, invece della materia, come avrebbe potuto essere un po' più paziente nei confronti di un uomo anziano e tentare così di conciliare i loro due cervelli in un'unica grande entità che, probabilmente, avrebbe potuto combinare qualcosa nel mondo della fisica. - Trasse quello che sarebbe dovuto essere un profondo respiro e che in realtà, nel buio profondo del nulla della stanza, si mostrò come se le assi di legno si fossero improvvisamente impregnate d'acqua per poi riasciugarsi
- Ovviamente avrebbero anche potuto semplicemente lasciare le proprie vite indipendentemente separate sulle strade della materia, ma per una cosa del genere la madre del ragazzo non avrebbe dovuto intromettersi... -
Ci fu un momento di silenzio che parve quasi imbarazzato se non si fosse trattato effettivamente di una cornacchia ed una porta, in effetti bisognerebbe anche considerare che in quel momento nessuno li stava osservando e per questa ragione ci fu un momento di silenzio, che pareva assolutamente d'imbarazzo - Già... un bel dilemma. Ogni tanto gli umani sembrano avere le orecchie foderate di piume. - Gracchiò quella mentre l'umano si rigirava sul lato destro del letto, inerme davanti alle invitanti proposte di Morfeo ed impavido davanti alla possibilità che al risveglio avrebbe dovuto studiare.
- In realtà ritengo sia semplicemente difficile che si accorgano della nostra presenza. - La serratura scattò come un pensieroso schiocco sulla lingua
- Vedi, più volte al giorno, da tantissimi anni, vengo aperta e richiusa senza che mai nessuno si preoccupi anche solo di ringraziarmi per aver protetto la sua proprietà da agenti esterni. Questo chiaramente decodifica l'enorme egocentrismo cui è preda la razza umana, se non per poche eccezioni che raramente agiscono per unico fine di benessere altrui, che chiaramente non vuol ascoltare ciò che invece passa come semplice rumore di sottofondo, white noise, in altre parole: noi. -
Il volatile si guardò indietro come scosso da un brivido paragonabile alla manifestazione fisica di un'epifania, fece un saltello sull'altro lato della finestra e poi volò nuovamente sopra la porta ma con maggiore circospezione.
Da sotto il balcone un gatto rossiccio la stava guardando - Non mi interessa cosa pensi, io ti mangerò. - Disse leccandosi i lunghi baffi.
Secondo l'entanglement quantistico e considerando le leggi della stessa meccanica quantistica, un dato qualcosa cessa di esistere in un dualismo e diventa definitivo, interpretabile come coerente dalla meccanica classica, nel momento stesso in cui gli stati del tale qualcosa interagiscono tra loro. Certo, questo non spiegherebbe comunque perché il gatto vedesse un passerotto al posto di una cornacchia, ma ci permetterebbe di comprendere meglio che, se il gatto fosse effettivamente stato in un ambiente chiuso ed isolato da fattori d'influenza esterni, la sua coda sarebbe certamente uscita incolume dai temibili ed iniqui denti dello scoiattolo che lo avrebbe azzannato pochi istanti dopo, in quanto all'esterno della scatola tale roditore non sarebbe esistito se visto dal punto di vista del felino.
MEOW!
- ZITTI! - Urlò il giovane mentre sentiva il suo gatto, spiritosamente chiamato fenice con la fantasia di un uomo in stato di coma vegetativo, soffiare contro un qualcosa e gettarsi in dei cespugli.
- Non bisognerebbe mai inimicarsi uno scoiattolo... - La cornacchia saltellò girandosi nuovamente verso l'interno della stanza buia e vuota - Lo sai cosa mi sono sempre chiesta? -
La porta cigolò un no e scricchiolò un sarei curiosa di saperlo.
- Esistono molte dimensioni ed in alcuna di queste l'umano è ancora riuscito a prendere coscienza, nonostante continui a cercarle con grandissima avidità. -
- In realtà l'umano ne ha preso coscienza molto tempo fa, da allora la sua continua lotta per migliorare se stesso sta portando a grandissimi risultati che, in un dato futuro, potrebbero portarlo ad una comprensione globale dell'essere in ogni sistema conosciuto... ma non voglio interromperti, vai avanti. - Il battiscopa si assestò con quello che, se qualcuno lo avesse sentito, sarebbe parso un Clak.
Il predatore chinò il capo in segno di ringraziamento - Quello che mi chiedo è: dove sono i confini che l'uomo continua a spostare sempre più avanti? Ma sopratutto, com'è possibile che non riescano a capire quello che dico nonostante ogni mattina io sia li ad urlare che dovrebbero fare un po' più di silenzio? -
La maniglia annuì - Un bel dilemma... Direi che si tratta del semplice discorso sentire/ascoltare dove non gli interessa ascoltare in quanto non hai mai neanche solo pensato di non sapere come farlo. Il tutto potrebbe essere ricondotto ad uno stato emotivo che comporterebbe un talmente grande senso di inferiorità, ovviamente nei confronti di un qualcosa di talmente grande come la natura che ci circonda, che scoprire di aver ragione nel pensar di essere insignificanti, quanto loro chiamano insignificanti i lucidi senza silicone, farebbe si che li vedremmo terrorizzati più di qualsiasi altra cosa. -
La cornacchia balzò sulle mattonelle squadrate, decorate con intrecci floreali più vistosi di una villa rinascimentale, del balcone e si avvicinò alla porta
- Percepisco forse dell'astio nei confronti di un prodotto non idoneo alle tue aspettative di pulizia? - Osò con la curiosità di... uno scoiattolo.
- Già, mi dispiace. Sto facendo il possibile per superare il trauma, ma la psicologia applicata a me stessa risulta complessa... sono intrattabile e dura come il legno. -
- Dove hai imparato? -
- Prima di questa famiglia ho vissuto per vent'anni, sempre qui ovviamente, con il signor Edgar Connor. - la serratura cigolò - Un noto psicologo di un tempo oramai giunto, passato e presto responsabile del futuro. -
- Perché all'interno di questa dimensione gli umani non sono? - La domanda arrivò come una martellata sul ginocchio di un dormiente, sgradevole e maledettamente inopportuna.
- Che intendi? - Se una porta avesse potuto balbettare, lei lo avrebbe fatto, e con molto imbarazzo, anche.
Il volatile increspò il piumaggio sul dorso e si scrollò da una pioggerella passeggera -Noi siamo qui in questo dato momento, e loro sono lì in questo dato momento. Siamo entrambi nello stesso punto, stesso spazio e stesso tempo, ma allo stesso tempo siamo distanti più di quanto non potremmo mai essere vicini... perché gli umani non lo capiscono? -
Nuovamente silenzio.
- Non ne ho idea, sarebbe un paradosso, ma dalla tua domanda posso dirti che sicuramente hai avuto un forte calo di attenzioni in famiglia dati dal fatto che ti ritenevi, probabilmente, l'unico genio del nido. -
Silenzio.
- Ho volato per prima, era mio diritto. - Sbottò aprendo le ali - e comunque sia
sono certa che ci sia un modo per collegare entrambe le cose. -
La porta rise aprendosi e chiudendosi più volte al soffiare di una forte corrente d'aria - Non potrebbe essere altro che un paradosso. Pensaci, gli umani sono di la, come potrebbero essere allo stesso tempo di qua? -
Le zampette della cornacchia si mossero velocemente su e giù trasportando la massa del pensieroso animale - Non potrebbero, ma allo stesso tempo non avrebbe avuto senso parlare a quel ragazzo se non fossi stata certa che mi avrebbe ascoltato. Per noi è normale finire qui, dove ovviamente il qui cambia a seconda dello spazio in cui siamo, ma per gli umani esiste solo un qui dove se inceppiamo anche noi nello stesso istante finiremmo per condividere uno status comune di esistenza... come annullandoci. - Rifletté un ulteriore momento lasciando che il suo becco la aiutasse a bere da una pozzanghera appena formatasi sulla pavimentazione del balcone- Guarda gatti e cani, con loro gli umani sembrano perdere l'intelligenza. -
- è un paradosso. - Sancì la porta - Non possiamo coesistere allo stesso tempo annullandoci reciprocamente per costruire una nuova realtà, questo dovrebbe prevedere un infinita varietà di spazi in cui le differenti realtà potrebbero continuare e variare a seconda del modo in cui si svolgono gli eventi. -
Un tuono risuonò lontano macchiando il nero di chiazze grigie che si espansero nel vuoto come macchie d'olio superficiali su di una sfera d'acqua.
- Un paradosso! - Rimbombò la porta chiudendosi in definitiva con un sonoro colpo.
CRA!
- Che stai facendo? - Una giovane bionda dalla suadente forma slanciata ed incredibilmente attraente varcò l'uscio chiudendoselo alle spalle. Il ragazzo aprì un occhio e si girò, notando dal basso verso l'alto degli stivali impermeabili, delle calze a trama fitta, una corta gonna in jeans, un ventre scolpito e scoperto, una seconda di seno ricoperta da una camicia di jeans ed infine il volto della sua ragazza.
- Jenna... - Si mise seduto sul materasso stirando i muscoli indolenziti del suo corpo - Non ti aspettavo a quest... -
CRA!
- Maledetta cornacchia del diavolo! - La ciabatta stavolta sfiorò di poco il volatile che , probabilmente spaventato, si lanciò in volo verso l'esterno gracchiando all'aria - è impossibile studiare con questi cosi intorno! - Si girò verso la bella allargando le braccia con stupore ed evidenziando i nudi muscoli del petto che apparivano ancora più gonfi,se considerati in base all'ombra proiettata dal ragazzo, generata dalla lampada da sala che aveva in camera. Lei lo guardò maliziosa e passò la lingua sul labbro inferiore - è strano effettivamente che una cornacchia si sia posata sulla tua finestra... - Ci rifletté alzando i grandi occhi verdi da cerbiatta - Magari vuol dire qualcosa, magari voleva aiutarti... -
- Una cornacchia? - La risposta fu immediata a tal punto da risultare quasi fastidiosa, il ragazzo rise un'unica volta con schiettezza e scetticismo - Non essere ridicola, avrà pensato che una delle mie matite fosse un verme... -
Lei abbassò lo sguardo verso il libro di fisica - Certo... - Assentì con la mente da un'altra parte mentre uno scoiattolo carinissimo sembrava guardarla dal bordo della finestra. Si avvicinò al ragazzo con passo studiato mentre il sorriso sulla faccia del giovane si allargava sempre di più arrivando quasi a sembrare un grande spacco nella terra in un grande deserto - Che dici... - Si abbassò la spallina della camicia e prese dal tavolo- Vuoi una mano per dimostrare una piacevole alternativa del paradosso di Schrödinger? -
Il giovane rise in previsione di ciò che sarebbe accaduto - Certo che si. -
- Però sarebbe stato assurdo se quella cornacchia fosse stata qui per un motivo... - Continuando ad avanzare ed arrivando al contatto.
Lui le abbassò l'altra spallina - Non essere ridicola.- La strinse a se
- Sarebbe un paradosso. -


Fine.