lunedì 10 giugno 2013

Il sogno, il carro ed il giglio.

Al lettor due parole vorrei dire,
pria ancor che l'evento abbia inizio.
Di non ricercar un senso obbiettivo
a ciò che al sol racconto è votivo.

Di fatti il sogno ha sovente l'ardire
di celare ciò che già è fittizio,
e sta a chi legge esser volitivo
se apprender vuol ciò che da morfeo è nativo.

A ciò io da ora mi appiglio,
a narrar del sogno, il carro, ed il giglio.
Nonostante il fine di tutto questo,
vorrei subito tener a chiarire,
possa parer mera emozione

ben differente è la mia sensazione.
In quanto, per come possa apparire,
non tutto mira ad un unico testo.






Da solo, quasi eremo, rivangando il ricordo del colloquio male andato,
viaggiava egli sulla strada cercando lo stratagemma per incantare il passato. Con fermezza e calma, passo dopo passo, meditando su ciò che venne detto - Vai e ripresentati maggiormente informato. - Avea con rammarico egli rammentato, occhi bassi non per mestizia ma per cercare un senso all'astuzia con cui fortemente il giudice lo aveva ingannato.
Reato forse è questo? Sognare il passato intaccando la storia, riscrivendo ciò che prima fu odiato testo. Denunziato, accusato ed incriminato per ciò che dell'umano è errore, di non voler accettare le infinite realtà ch'ello sa apprezzare come buon liquore; la sensazione di poter ricominciare in un'idea scandita come terra, terrorizza, alletta ed atterra.
Continuando a percorrere la strada in andata agognata, or cupo senso d'insoddisfazione, fermatosi dinanzi al cavalcavia la donna vide da carro meccanico scendere, donna a lui affezionata.
Il ricordo di ciò che era oramai passato non andò allo svanire, ben sì fu rintanato, ricoverato, in una parte della mente dove altro non poté che imbrunire; consumandosi come mero evento di un altro passo condotto da del caso l'evento.
Occhi profondi, verdi quanto le selve più lucenti, che sembrassero volessero con pensiero far dire " Strane sensazioni m'infondi" ma miti e romiti, non lasciando intuire le intenzioni di mille e mille tenzoni fini a nella sua stima il salire. Non fu lei, non fu lui, entrambi presero scena a quel primo atto che non sapevano quando si sarebbe concluso. Da trascorso breve, allo stesso tempo immemore e precluso, non avevano questi avuto occasione d'incontrarsi o d'ascoltarsi per vie avverse, indicazioni diverse, percorso parallelo e privo di tangente. Il principio fu scomodo, solo scuse e rancori avrebbero poter posseduto la testa risultando in un avvio di solo incomodo. Per questo venne saltato, il cuore ha sempre la prevalenza su ciò che è stato e se altrimenti non fosse dell'umanità il destino già sarebbe stato segnato.
Aprendosi le braccia d'entrambi, i di lei scuri capelli mossi ondeggiando al vento contrastando la lunar pelle cinerea solcata dalle molte caligini, come leggiadra neve su terso cielo, notando degli sguardi i forbiti scambi. Non ci fu tempo per verbo, l'abbraccio fu forte, stretto in una morsa ignota ad il tempo ma conosciuta ad i tanti sensi ch'egli avea agognato sognando la dipartita della barriera forte, ch'allo stesso tempo aveva trattenuto uno sconosciuto fato in grembo. Ciò era anche stato l'apice dei lor incontri, facondi, loquaci attimi, minuti, notti, tramonti ed albe di silenzio in cui gli unici testi dipinti erano nei firmamenti, attraenti quanto il verde dell'assenzio. Il vento debole sussurrava la nostalgia di proibite parole "portami via" mentre il fogliame s'alzava leggero, fluente in spirali di dolce follia avvolgendo gli erranti difronte ad un cielo albeggero.
Fu improvviso, inatteso, forse remotamente anelato ma in alcun modo risultò molesto: un bacio su labbra, con dolcezza accennato, onde rappresentar la mancanza che lo scorrer del tempo avea portato.
- è sconveniente, e forse non avreste dovuto. - D'ella le parole uscirono con comprensione, non vi fu rifiuto ma nemmeno unione.
- è vero, madame, ma ora è vissuto. Non fa parte del presente e voi stessa mi siete venuta incontro... - Le mani d'entrambi, con ardor incrociate le dita nelle di lei le sue e caldo il tatto nelle di lui per lei - Per dirvi che ho sentito la vostra mancanza, più d'ogni altra rimembranza. -
Di lei il sorriso illuminò l'alba, come forza sconosciuta che a nuove vite da sorte, non sentì il bisogno di parlare ma annuendo diede conferma ch'altrettanto per lei l'esperienza fu forte.
Alle spalle di lui, davanti i fulgidi occhi di lei, un lungo carro in legno trainato non da cavalli ma da sol cocchiere sostava inerme, lasciando dalla porta accostata l'ingresso intravedere.
- Sarei lieta e ben felice, Sir, di poter entrare con voi andando a svolgere il mio mestiere. Potremmo tenerci compagnia, stare insieme ed allietare il presente con il reciproco vedere. - Nel proferire, le sue labbra vellutate si mossero con finezza, non distraendo ma completando il senso di conforto che la sua presenza gli aveva portato.
- Sarò lieto di seguirvi, lasciando indietro ciò che l'onor mi ha trapassato. -
Salendo questi le scale del carro, mani non più congiunte ma corpi sufficientemente vicini da poter trarre conforto dal rispettivo calore, ignari e consapevoli allo stesso tempo varcarono l'accesso accedendo ad un luogo ch'egli avrebbe pensato come meno complesso.
Lungo ed elegante, molto più di quanto all'esterno si potesse pensare, era quello un carro con ristoro interno, tavoli, ospiti ed avventori coperti come fossero stati in inverno; lunghe sciarpe ad addobbo, bianche camicie ricamate ed un unico cameriere con folti baffi ad osservare l'eterno.
In lunghezza, lo strambo carro, superava i dieci metri ed in larghezza raggiungeva i quattro, c'era seggio a sufficienza per molte persone ma all'interno non sventolava stendardo o tabarro, come fosse luogo di nessuno ogn'ospite faceva i suoi affari. Seppur sembrasse che tutti fossero in attesa di qualcosa, un evento, un importante accadimento o qualcosa alla pari.
- Dove siamo? non riconosco questo luogo, e non parlo io ma la mia ragione che, lo ammetto, stenta a suggerirmi la valenza di questa costruzione. - Egli guardandosi intorno, più curioso che esterrefatto, notava con interesse come un particolare uomo gli risultasse familiare sia a vista ed olfatto, ciò avvenne nonostante l'ovviare dell'interesse ch'era bensì concentrato su mappamondi, specchi, scacciapensieri, quadri e pergamene incorniciate con la valenza d'un importante atto.
- Questo luogo è il mio lavoro, la mia quiete e la mia magione - Spiegò ella riflettendolo nelle umide iridi - Non siate affranto, confuso od altro, prendete seggio e conversiamo del silenzio. Ammiriamo lo scorrere dell'inesistente tempo ed allietiamoci con la vista di ciò che occhio distorce illudendoci. - Ciò detto ella si sedette, avendo precauzione di indicare al suo ospite la locazione nello stesso tavolo dove poggiava lei ed un uomo con lucidi capelli di lozione. Egli lo riconobbe e rimase basito, vedendo quell'uomo che pochi minuti prima avrebbe voluto saper esser sparito.
- Ordunque questo è il luogo dove voi venite, noncurante di come contro la cultura vi accanite? - Aveva detto, accusato, fomentando il fuoco da cui l'altro era stato bruciato. La donna non diede cenno, non mostrò titubanza ed il di lei inebriante profumo diede forza all'altro per non accennar rimostranza.
- Vedete, ospite di questo carro... - Si rivolse l'altro all'uomo che precedentemente l'avea giudicato - Se chiamate voi sapienza l'esser schiavo di un comando, od apprender solo ciò da chi detta ed è stato nominato dall'incaricato, allora io temo per i vostri figli ed il vostro fato.
In quanto sono certo che mai prima di me avete sentito le parole che ho chiamato. -
L'altro sgranando gli occhi s'era ammutolito, rigido come morte ma sciente di ciò ch'il ragazzo avea demolito... duro come ferro era infatti stato il giudizio cui era stato sottoposto, comandato da un altro uomo ch'aveva preso commiato prima di conferire con il giudicato; per via d'un offesa alla sua conoscenza portata dall'imputato, in quanto dichiarato aveva di non poter trarre ulteriore esperienza se dal solo globo non poteva uscire lo studio della scienza.
Il carro si mosse e gli animi si quietarono, durante il viaggio non c'è nemico in casa dell'errante e non c'è frusta che sferza schiena, siamo tutti ruota e conducente e non c'è burrone che possa dar vita a contraddicente.
Fuori dalle vetrate laterali, da cui la luce entrava intensa, era cambiato il paesaggio e non più ora il fumo civile s'addensa; prosperi alberi e verdi colline percorrevano il sentiero insieme ad i viaggiatori, lontani monti e bianchi cirri stupivano chi osservava allietando il senso degli ascoltatori sapienti nell'udir le parole di vuoto, nella natura che racconta luogo.
Ora il mare, ora la spiaggia, ora bosco ed ora foresta, ora cielo e domani stelle, ieri terra e nel presente fuoco che piacente riscalda il corpo dell'ospite rasserenato, dalla presenza della bella ch'ancor lo lascia privo di fiato.
- Qual'è quindi il vostro mestiere, se mi è concesso della domanda onore ed onere? - Le di lui parole a lei si rivolsero, con disinvoltura, timore e curiosità come tentazioni fossero.
- Non abbiate timore ed osservate - Rispose quella carezzandolo con mani fatate - Non c'è gioia e non c'è storia, senza che qualcuno provveda alla memoria... - Ciò detto portò le mani alle labbra, con eleganza ed il mistero soffiò sui delicati palmi, palpebre chiuse e gote accese, incanalando il vento nella forma incantata di un bianco giglio che tra filamenti lucenti e forme indistinte trovo sulla sua pelle appiglio.
Sbalordito il ragazzo tentennò e la mano di chi l'avea giudicato incontrò la sua spalla - Il viaggio è appena iniziato, e con esso il giglio t'abbaglia - Sorridendo con far rassicurante - Lascia alle spalle ciò che è stato, che tu sia studioso ed errante. Ivi il tempo non trascorre e come tale non c'è dissidio, guardala come ella guarda te... - E solo allora il giovane notò, scrutando molto attentamente, come nei di lei occhi or'aperti la sua stessa figura immane e quieta stesse dormendo tacitamente non riflettendo ma la di lei immagine specchiando.
- Cos'accade? - Chiedette a lei mentre il suo giglio s'alzava, coperto da un'aurora di del sole la luce, librandosi nell'aria che sola sa dove tutto conduce.
- Questo è il carro. - A rispondere fu il barista e non ci fu eccezione, in quanto le risposte degli altri ricordarono solo una sua emulazione - Non c'è viaggiatore senza viaggio, non c'è sogno senza arazzo. - Inspirando profondamente si versò del freddo assenzio, ardendolo poi con zucchero e fiamma, sorridendo con fare placido mai dal bicchiere straripò, nonostante del continuo versare il dramma faceva si ch'il ragazzo si chiedesse dove il liquido potesse andare - Tu ora, come lei... - Guardando la donna mentre altri gigli, provenienti da altri ospiti, si levavano verso il tetto... talmente alto da non poter essere scorto
- Solamente il tuo arazzo ora sei, te ne sei accorto? Mentre ancora dormi io posso saperlo... - Il suo sguardo voltò verso la donna - Spesso hai pensato di rivederlo... -
Lei annuì ed il profondo sguardo cadde verso il basso, mentre le labbra formavano felice arco, nel tempo in cui il carro divenne fermo come sasso.
Il giovane si guardò intorno, consapevole e certo che ciò che stava in quel momento vivendo non fosse altro che deserto. Ma non di sabbia o di realtà, a scapito di rea omertà, come invece di cristalli ed emozioni da cui nella vita scaturivano tutte le sue sensazioni.
- Tornate presto, Sir, ed abbiate di vuoi cura... - Continuò lei mentre quello stava scendendo - Ch'io proseguo salendo, scalando quell'altura. -
- Che separa uno dall'altro impedendo la ricongiunta. - Parlò il barista terminando la frase - Per un giorno potersi rivedere, atterrando di propria volontà su ciò che pria avreste considerato solo nel poterlo davanti a voi vedere. -
- Ne son certo, ci rincontreremo. - Rispose ello nel guardar la donna - Or che so dove sosta questo carro e che sia un posto ameno. - Nei di lui occhi la sua figura stanca si muoveva nel letto - Di tornare non potrò certo più farne a meno. - Le di lui dita s'intrecciarono con le di lei per via assennata, come a saluto per un eterno addio del di uno istante la durata.
Scese dal carro per poi risalire, l'orologio dimenticato sul tavolo riconsegnato dall'uomo che pria l'avea giudicato, ma la donna non c'era più e con sussulto egli riprese possesso del corpo.
La coscienza sorrideva mentre la solitaria alba dai tanti colli sorgeva.



Qui finisce questo racconto da cui deriva dalla mia volontà di provare un approccio diverso con un emozione, canonicamente, espressa in differente maniera.. Mi auguro di avervi regalato la stessa emozione che chi ha vissuto la vicenda ha me regalato, parole scritte su carta di chi per l'altro tutto ha donato.
Alla prossima storia.
Sean Foster