sabato 16 febbraio 2013

- Il tessitore dal cappello a tesa larga P.1 -



La neve cadeva leggera e sottile depositandosi  con leggerezza sul prato d'erba rada, come un sottile drappo di seta si adagerebbe con velata delicatezza su di un chiaro divano di piume.
La morbida e tiepida luce della fiamma danzante sulla bianca candela in cera si rifletteva sulle fredde vetrate della finestra in tanti puntini luminosi contenenti, all'interno, luminose galassie di luce. L'escursione termica tra la stanza ed il giardino esterno si materializzava sotto forma di vapore, appannando il vetro sottile e rendendo il paesaggio esterno un misterioso ritratto in toni di fumo interpretabile dalla fantasia dell'ignaro spettatore che, come un accordo di pianoforte evoca immagini dalle più remote realtà, immagina di viaggiare per oscure foreste celanti passaggi per i più lunghi ed ardenti sogni.
Vari sentieri offuscati dalla nebbia delle utopie s'intrecciavano come fili di seta annodati tra loro nella mente del giovane Terick, i suoi occhi azzurri fissavano l'esterno come incantati facendo viaggiare la fantasia verso i più distanti lidi. Sospirò e si strinse nel piumone sprofondando il viso contro il cuscino che profumava di lavanda per poi sbadigliare e tirarsi indietro i corti capelli biondi. Guardò la sua tonda sveglia in metallo rosso, segnava le undici e cinquantasette, si girò verso Dernem, il nuovo arrivato, che dormiva profondamente sbattendo ripetutamente le palpebre assorto nei suoi sogni di corse.
Tirò fuori un po d'aria per l'assenza di sonno e stringendo tra le braccia  'Draghi ed antiche storie' , il suo nuovo libro di racconti portatogli dal papà di ritorno da una città dell'Europa, si alzò dal letto per spegnere la cornice digitale che ritraeva un ritratto montano e poi dirigersi verso la cesta del suo gatto - Buonanotte, Dermen - Disse facendogli una carezza sulla testolina nera, gentilezza che il gattino ricambiò con qualche fusa per poi mettersi a pancia all'aria e continuare a dormire. Si affacciò alla finestra della sua cameretta, aprì la finestra e girando la fredda chiave di metallo nella sottile inferriata, avendo cura di non fare rumore, si sporse di quel tanto che bastava per sentire il lieve respiro del vento sfiorargli le guance. Trentasette piani sotto di lui scorrevano veloci le macchine che viaggiavano inesorabili attraverso New York lasciando rosse e bianche scie fluorescenti nel buio, come lunghe fiammate dirette da un preciso intento. 
Davanti a lui, la luce della stanza da letto di Darleen era spenta e la vetrata esterna rifletteva solamente altre lastre di inespressivo cemento a copertura delle tante strutture che in quella via si accalcavano le une sulle altre, in un atono paesaggio di tanti palazzi che gareggiavano in altezza come molte stalagmiti sbiadite.
Inspirò profondamente l'aria esterna immaginando un folto bosco e trattenendo il respiro rientrò nella sua cameretta, richiuse velocemente la finestra ed espirò stancamente alzando gli occhi al cielo.
Scosse la testa cercando invano di sopprimere uno sbadiglio che subito andò incontrare la sua mano destra.
Mosse qualche passo sul parquet di chiaro noce fino ad arrivare al suo comodino in legno dove la candela ancora brillava al buio, la fiamma riflessa dai sottili occhiali dalla montatura tonda ed ottonata ricordava una lanterna ad olio delle storie di Stevenson, soffiò sulla candela facendola vibrare finché il fuoco non si estinse in una sottile stria di fumo. Poggiò il libro che stringeva tra le braccia nel suo piccolo angolino d'avventura, sotto al comodino, dove già una pila di altri sedici libri gli tenevano compagnia durante le notti insonni.
Sospirò nuovamente, si stirò addosso il pigiama bianco con su disegnati corvi e bacchette magiche, si toccò la fronte per verificare se avesse l'alterazione ed infine si mise nuovamente sotto le coperte.
Quando i genitori erano fuori casa per lavoro e la zia veniva ad accudirlo da Washington lui si permetteva di sostituire una candela alla lampada da notte, il parente dormiva talmente profondamente che il suo russare scuoteva le fondamenta della terra e quindi non si sarebbe svegliato neanche in caso di disastro atomico.
Sentì un brivido percorrergli il lato destro del collo, ci mise la mano serrando le dita come a copertura ed arricciando il naso tirò il piumone ancora più su.
Dopo circa dieci minuti sentì che stava per cadere tra le braccia del sonno, reduce di oltre cento pagine di romanzo fantastico lette,  quando un rumore metallico lo destò dal suo mondo incantato che lentamente stava apparendo al posto del buio. Girò istantaneamente la testa verso la finestra e vide che l'inferriata era aperta.
Si rigirò preoccupato e con il fiato corto sporgendo la mano dal letto cercò la torcia dinamo sotto al materasso, sentì il cuore mancargli di un battito e si paralizzò completamente spiazzato fissando gli occhi su di una figura, con un grande cappello a tesa larga sulla testa, avvolto da una pesante mantella con una copertura sulle spalle sotto i lunghi capelli corvini. Davanti sembrava avere una di quelle bandoliere che indossavano i pirati ed appena celata dal grosso cappotto c'era una cosa che sporgeva, sembrava colorata di bronzo...
una pistola del XVIII secolo che il giovane Terrick conosceva con il nome di Flinlock.
L'uomo sembrò sorridere sotto i lunghi baffi corvini, arricciati alle punte, che quasi coprivano il corto pizzetto.

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