martedì 19 febbraio 2013

Il tessitore dal cappello a tesa larga P.2

Inaspettatamente lo straniero si esibì in un formale inchino stringendo il cappello tra il pollice e l'indice delle mani coperte da guanti neri come la pece - Tu devi essere Terrick. - Aveva parlato improvvisamente con voce bassa ed il tono enigmatico degno del protagonista di un romanzo d'avventura. Il ragazzo annuì molto lentamente tirando le coperte verso il mento e cercando di contenere in un vaso di vetro i pensieri che si accatastavano l'uno sopra l'altro, volse lo sguardo verso sinistra e verso destra come a voler cercare qualche sorta di aiuto che probabilmente sapeva non sarebbe arrivato.
- Or bene... - Disse infine quello tirando indietro le spalle e facendole scrocchiare con sonora disinvoltura
 - Ti dispiace se mi siedo? - Si diresse verso il covo segreto del giovane prendendo una piccola sedia in inespressiva plastica rossa accanto ai libri.
Ora che quella bizzarra persona era vicino la candela i lineamenti del volto divennero abbastanza evidenti da permettere d'essere interpretati in una sorta di faccia: gli occhi erano piccoli e quasi sempre socchiusi sopra un naso comune che terminava sopra i baffi arricciati; i lineamenti del volto erano duri ma distinti e quella che sembrava un cicatrice solcava lo zigomo destro pronunciato come una piccola collina in una verde pianura cosparsa da sottilissima ricrescita di barba.
- Mh... - Mugugnò quello senza preoccuparsi di tenere la voce bassa - Speravo avessi buon gusto nell'arredamento - Guardando la sedia satinata e scuotendo i baffi sotto il naso mentre passava distrattamente l'indice sulla superficie ruvida del seggio - Evidentemente mi sbagliavo... - deluso.
Il ragazzo socchiuse gli occhi e tirò indietro la testa, stranito dall'affermazione dell'intruso - Quella sedia l'hanno scelta i miei genitori.- Si era giustificato con uno sprazzo di irritazione nel tono.
- Oh... - La reazione di quello fu disarmante quanto l'azione che seguì, si sedette infatti sulla sedia con poca delicatezza ed incrociò scompostamente le gambe una sopra l'altra facendo cadere sporche briciole di fango sul pavimento - In tal caso ti chiedo scusa... -
Terrick si fece coraggio e tirandosi indietro sul letto, senza tuttavia scoprirsi di neanche un millimetro, alzò il mento e repentinamente estrasse la piccola torcia da sotto il materasso accendendola e puntando il fascio di chiara luce volumetrica contro l'invasore, che infastidito si riparò gli occhi con entrambi i palmi delle mani
- Caro signore mio... - Parlò il giovane avendo cura di scandire ogni parola con il coraggio dettato dall'arroganza della gioventù e dal fascio abbagliante - Spero lei sappia che questa è quella che io chiamo un'effrazione e che è punibile dalla legge in quanto reato perseguibile con... -
- Bla, bla,bla... - Lo aveva interrotto quello mimando con la mano sinistra una nera bocca che inesorabile continua a blaterare - Conosco la vostra legge. - Schioccò le dita in un muto rumore che inaspettatamente rimbombò tra le mura della stanza come una eco soffocando la fonte della luce che in meno di un secondo si spense, lasciando tuttavia la candela accesa - E non mi riguarda - Finì.
Il ragazzo spalancò gli occhi e tutta la sicurezza che aveva accumulato per parlare di fronte a quell'uomo svanì in un istante come la polvere esposta all'impetuoso vento autunnale.
Quello tirò su con il naso, inspirò profondamente e premendo le mani contro le cosce coperte da pantaloni in pelle si tirò su ergendosi in tutta la sua altezza, che superava il ragazzo di almeno tre piedi - Io mi chiamo Hector Von Lichtenstein - spolverandosi la mantella e sistemando la bandoliera sul prominente petto facendo muovere qualcosa dietro la sopravveste che formò una sorta di lunga punta adombrata dietro di lui; era coperto da quella sembrava una camicia bianca e solo ora poté vedere che portava stivali che lo coprivano fin'oltre il ginocchio terminando in un lungo risvolto decorato in probabili fili d'argento
- E sono un tessitore... - Finì di presentarsi. La mancanza degli occhiali non aiutava di certo il ragazzo a distinguere i particolari della figura ma nel complesso non gli sembrava affatto un sarto - Eh? - Fu tutto quello che la mente di Terrick riuscì ad elaborare nel tornado delle troppe parole che in quel momento si accatastavano l'una sull'altra, come la spuma del mare in balia delle alte onde che creano una confusa risacca pronta a riemergere in differente forma.
Quello estrasse qualcosa dalla tasca e portò la mano alla bocca, aggrottando la fronte nel guardare il bambino di undici anni ed iniziando a masticare a bocca chiusa con aria poco convinta - Tu sei Terrick Johnson, vero? -
- Perché? - Immediato quanto allarmato dal fatto che lo sconosciuto sapesse il suo nome.
- Oh, ragazzo mio... - Sospirò l'indesiderato ospite scuotendo la testa e lasciando vagamente svolazzare i lunghi capelli - Non chiederti mai perché, ma chiediti: perché no? - Con apprensione.
Il biondo non sapeva cosa dire ne tanto meno su cosa riflettere, era talmente confuso che se in quel momento la zia fosse entrata in stanza probabilmente l'avrebbe scambiata per un allucinazione visiva - Che... - Schioccò la lingua sul palato - Cosa... - elaborando quella che sarebbe potuta essere una domanda - Sei tedesco? - Ci fu un lunghissimo, eterno, istante di assordante silenzio.
L'uomo si avvicinò al letto ed il ragazzo si tirò ancora più indietro sfregando i piedi contro le lenzuola azzurro cielo e cercando freneticamente di riaccendere la torcia, ma non gridò
- Di tante domande che potevi farmi... - Lo straniero si chinò quindi sulle ginocchia proiettando la lunga ombra contro il muro coperto da carta da parati verde bosco, come se chinandosi si fosse allo stesso tempo innalzato in una bivalenza incomprensibilmente forte - Hai scelto la seconda più razionale. - Annuendo lentamente e mordendo il pallido labbro inferiori con i denti bianchi creando un sottile solco nella carne liscia
 - Forse è questo che dovresti chiederti, perché le domande sono sempre razionali? -
- Perché servono per spiegare le cose? - Aveva improvvisato l'altro guardando verso il vetro trasparente della finestra accostata ed ipotizzando in una manciata di secondi qualche dozzina di vie di fuga.
- Ed allora perché non mi hai chiesto il motivo della mia presenza qui? -
Terrick lo guardò negli occhi, scuri oceani immobili mostranti le profondità più remote dei grandi abissi, considerando che effettivamente quella domanda non gli era neanche lontanamente balenata in testa
 - Perché se... -

- Qualche settimana fa hai fortemente pensato di vivere un'avventura, o sbaglio? - Sorridendo con scaltrezza sotto i baffi che intanto arricciava enigmaticamente con le mani guantate in un impercettibile sfrigolio.
Il biondo abbassò pensierosamente gli occhi e socchiuse le palpebre cercando di ricordare - Si... - rammentò quasi come un distante sogno - E tu... - Effettivamente la settimana precedente aveva appena finito di leggere l'ennesimo romanzo fantastico ed in un momento di grigia solitudine, guardando fuori dalla finestra lo smog che si accalcava contro le strutture come il fango ai margini di una strada, aveva chiuso gli occhi ed immaginato di essere da un'altra parte arrivando quasi a sentire il tocco del vento ed il profumo di terra umida.
- I tuoi pensieri erano abbastanza confusi e non ti nego che ci è voluto un po' per interpretarli... - L'uomo continuando a sorridere con contagiosa sicurezza.
- E tu... -
- Ed io sono qui per far del tuo desiderio una forma concreta d'esperienza. - Si alzò ed inspirando profondamente sembrò gonfiare il petto - Mi ripresento - stavolta tolse il cappello a tesa larga ed inchinandosi alcune ciocche dei setosi capelli corvini gli caddero davanti al volto pallido - Sono  Hector Von Lichtenstein, un tessitore... - S'interruppe per rimettersi il cappello e guardarlo socchiudendo l'occhio sinistro come a voler anticipare qualcosa di già noto - Tedesco della fine del sedicesimo secolo... -
Il ragazzo spalancò la bocca sconvolto - Com'è possibile? - Cominciò a gesticolare ergendo la schiena ma rimanendo seduto - Non può essere vero, avresti più di duecento anni. -  Aggrottò la fronte - Devi essere pazzo... - Riflettendo ad alta voce.
Il tessitore si massaggiò stancamente le tempie con entrambi le mani e sbuffò - Riuscirei a fare questo se non fossi chi dico di essere? - Batté le mani e riaprendole si creò nel mezzo una sorta di piccola circonferenza evanescente e luminosamente abbagliante che raffigurava un'isola in movimento, il cielo era azzurro splendente ed un veliero dalle bianche vele stava salpando da un porto in legno davanti ad una città fatta interamente di bianco marmo luccicante.
- Come hai fatto!? - Sbottò il ragazzo quasi urlando e mettendosi subito le mani davanti la bocca rimproverandosi per aver alzato troppo il tono di voce.
- Non preoccuparti per tua zia... - Continuò l'altro chiudendo le mani e lasciando sparire il portale avendo intuito la questione - Non si sveglierà, sta dormendo profondamente sognando di vincere il mestolo d'oro che tanto ambisce al concorso di cucina. -
- E tu come lo sai? -
- Ce l'ho portata io - Ammiccò con fare complice.

Hector tirò quindi indietro le spalle e girò la testa da entrambi lati inclinandola all'indietro facendo scrocchiare il collo - Dunque... - Si avvicinò  al comodino dove la fiamma della candela danzava mossa dal lieve vento che entrava dalla finestra accostata e prese gli occhiali da vista del ragazzo - Metti questi, ti serviranno... -
porgendoglieli.
Terrick indossò gli occhiali da vista ma nonostante ora fosse tutto più a fuoco continuava ad avere difficoltà nel distinguere pienamente la figura, adesso che ci faceva caso sembrava in un certo tal modo immateriale e sbiadita... come se disegnata sul vetro con colori opachi e spenti od attraverso il fumo.
Il tessitore prese un libro dalla pila che stava sotto il comò del giovane, aveva la copertina rigida in cartone rosso cui era stata tolta la sovraccoperta e le pagine erano state rilegate in inespressiva brossura 

- Squallido... - Aveva notato con velato disdegno, il tedesco - Speriamo che il contenuto non sia come la copertina, vero? - Girandosi verso il giovane che strinse gli occhi ed alzandosi dal letto si diresse verso lo sfregiato con passo pesante e determinato facendo rimbombare, seppur in maniera molto attutita, il suono dei suoi passi nella stanza come il battito del cuore nel petto - è un gran bel libro. - Fece per prenderlo ma Von Lichtenstein scansò la mano all'ultimo allargando il suo sorriso - Allora faremo bene ad usarlo. - Lo aprì di scatto arrivando esattamente a metà del volume facendo battere la copertina contro la mano libera
- Preparati... -
- Per cosa? - Aveva domandato il ragazzino allibito e maledettamente eccitato allo stesso tempo.
- Come per cosa? - Lo guardò perplesso e stupito allo stesso tempo il suo compagno - Per partire, no? -
- Entriamo in quel libro? -
- Assolutamente no...  sono un tessitore, non ho bisogno di una storia già scritta ma di uno strumento che contenga abbastanza fantasia da permetterci di passare il portale. -
- Quale portale? -
- Lo vedrai... - Mettendogli una mano sulla piccola spalla - Preparati a partire, ragazzo. -
- Ma... - Si guardò il pigiama con le bacchette magiche ed allargò le braccia - Non sono vestito e... - alzò un piede guardando la rosea pianta nuda - Non ho neanche le scarpe. -
L'altro rise di gusto - Questo non è un problema. - Mise la mano sotto il cappotto e con un sibilo metallico tirò fuori un lungo e spesso ago alto quasi quanto lui da dentro il cappotto; l'elsa simile ad una spada che conosceva con il nome di rapiero, completamente argentata formata da un'intricata ed elegantissima rete di nodi che luccicavano alla luce della candela sognante come il letto di un fiume sotto il sole raggiante, rendeva quell'ago degno di un'epica saga di fantasia. Sulla larga fessura per il filo c'era una fascia di cuoio arrotolata che fungeva da impugnatura e lì era stretto il determinato pugno nero del suo nuovo amico - Dove stiamo andando non c'è bisogno di prepararsi, sarai tu a decidere come sarai vestito quando saremo arrivati... -
Alzò la spada ago verso il soffitto e lanciò il libro in alto
- Aspett... - Il cuore del ragazzo fremeva per l'eccitazione, non si era mai sentito così estasiato e la paura non raggiungeva neanche marginalmente l'ansia di provare una nuova avventura.
Il libro toccò l'apice della curvatura e con un fendente il tessitore lo attraversò come fosse stato di semplice burro, ci fu un lampo di luce abbagliante, il ragazzo si riparò con le mani e si sentì attratto verso un qualcosa di enormemente grande che lo sbalordì a tal punto da farlo urlare; un forte frastuono aveva pervaso i suoi timpani come quello di un mare in tempesta, i gabbiani stridevano quasi muti e si sentiva come fosse stato dentro ad un'onda. Lui stesso era un'onda. Aveva freddo e caldo allo stesso tempo, sentiva in bocca il sapore del sale. La luce si fece più forte ed ebbe la sensazione di volare in un mondo che da sempre aspettava di vedere, tra le risate di trionfo del tessitore.
Il libro cadde sul pavimento e si richiuse in un tonfo sordo, dalla finestrella accostata entrava un flebile sospiro d'aria che muoveva la stria di fumo della candela ora spenta. La camera era buia e silenziosa, il letto disfatto ed il gattino... non era più lì.
Una stella nuova brillava alta nel cielo ed in lontananza si poteva distinguere quello che sembrava il fruscio delle lontane foglie d'autunno portate dai venti dell'est.


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